ll malto è un prodotto derivato dalla germinazione dei chicchi dei cereali il cereale più adatto si è dimostrato l’orzo attraverso la germinazione dei chicchi d’orzo, precedentemente messi a macerare in acqua tiepida per causare la crescita del germe, successivamente asciugati, e macinati. Vedi: Farine
Il malto sta riscuotendo un discreto successo nella lievitazione della pizza napoletana in quanto contiene un enzima chiamato diastasi, questo enzima è capace di trasformare lo zucchero molto complesso come l’amido, in uno zucchero semplice e facilmente metabolizzato dai lieviti. Aggiungendo 1% non di più, sulla quantità di farina impiegata di malto, aumenta il nutrimento per il lievito e grazie alla reazione di Maillard la crosta del prodotto cotto acquista un colore bruno uniforme.
Ecco i vantaggi:
– Diminuisce l’ acidità dell’impasto;
– Crea una alveoli più uniforme;
– Utilizzato per di farine deboli e con scarse proteine;
– ll volume del pane aumenta considerevolmente;
– Lievitazione ottimale;
– ll volume del pane aumenta considerevolmente;
– Lievitazione ottimale;
– Migliora il gusto e il sapore ;
Attenzione non aggiungere zucchero per migliorare la lievitazione e le qualità organolettiche si limita solo i retrogusti del lievito, ma l’attivazione dei lieviti è limitata, mentre invece il malto naturale derivato da un cereale apporta zuccheri semplici nutrienti per i lieviti.
Suggerisco il malto con maggiore amilasi, il malto d’orzo in soluzione concentrata, ovvero la capacità enzimatica, espressa come “potere diastasico”.
Tipi di malto:
24000 unità Pollak, estratto di malto concentrato in sciroppo zuccheri molto alta;
16000 unità Pollak, estratto di malto in sciroppo contiene zuccheri, quasi l’80%;
13000 unità Pollak, farina di malto con poco maltosio;
8000 unità Pollak, estratto di malto in polvere capacità diastasica molto bassa, 90% di zuccheri.
Differenza tra malto diastasico e malto normale
A voi i commenti , cosa ne pensate?
Pizza Napoletana Doc
Ciao!
Grazie per questo bellissimo articolo informativo. Se ho capito bene il motivo dell’utilizzo del malto sarebbe quello di usarlo quando si fa una fermentazione più lunga di quella utile ed entra in azione quando cominciano a mancare i zuccheri? Hmmm è communque interessante, proverò a trovarlo nei negozi e poi li userò nel impasto biga!
Grazie!
L’enzima diastasi è capace di trasformare uno zucchero molto complesso come l’amido in una scomposizione di zucchero semplice e facilmente metabolizzabile dai lieviti.
Vi sono molte persone che aggiungono lo zucchero all’impasto pensando di migliorare la lievitazione e le qualità organolettiche anche attraverso i processi di maturazione, il mio parare non vincolante c’è una grande differenza tra l’aggiunta di zucchero e l’aggiunta di malto perché nel primo caso aggiungendo lo zucchero (saccarosio) si migliora leggermente il gusto del prodotto limitando i retrogusti del lievito nella persistenza ai lati della lingua, ma l’attivazione dei lieviti è limitata ad una prima fase non costante in termini di tempo. Con l’aggiunta del malto, l’apporto di zuccheri semplici parlando sempre dei nutrienti per i lieviti è più costante nel tempo quindi una maggior gestione in quanto stiamo sempre utilizzando un cereale che è più naturale conferendo un sapore autentico e persistente molto gradevole.
Spero ti abbiamo fornito le informazioni che cercavi.
😉 Saluti Davide
Ciao e grazie per l’interessante articolo.
Ne consiglieresti l’utilizzo per un semplice impasto diretto con maturazione a temperatura controllata per 24/48 ore?
Grazie
Sì senz’altro lo consiglierei per un impasto diretto, come percentuale userei lo 0,5%.
Buongiorno, su un impasto con biga al 80% consigli di mettere il malto nel rinfresco…ma 1% va calcolato sulla farina del rinfresco o su quella totale (biga+rinfresaco)? Grazie mille.
Il malto diastasico va aggiunto al totale della farina, un eccesso produrrebbe una mollica troppo umida ed appiccicosa.
Nel caso di impasto diretto con maturazione 24/48 ore in frigo, il malto diastatico va aggiunto contestualmente al lievito?
Ciao Marco, si contestualmente al lievito.
Buona lievitazione e maturazione
Buongiorno, con impasto per pizza con biga al 100 per cento che malto diastatico usare?
Volevo sapere di quante unità pollak deve essere.
Meglio usare il malto in polvere o in pasta/liquido?
Grazie mille è buona giornata
Sicuramente il liquido è da preferire per una gestione di maggior integrazione all’interno dell’impasto, ovvero viene meglio assorbito rispetto a quello in polvere. Ma la cosa piu importante sono le proprietà al proprio interno che cambiano notevolmente nei diversi produttori.
Ti invito a leggere un link che metto in condivisione in modo che tutti possono approfondire.
Grazie Mario per la tua domanda cosi ci aiuti a condividere sempre più gli elementi.
Buona lievitazione!
Davide
Leggere la scheda tecnica di un malto
Fonte : https://blog.mr-malt.it/leggere-la-scheda-tecnica-di-un-malto/
Chi produce birra conosce bene l’importanza che riveste la qualità della materia prima sulla buona riuscita del prodotto finito. Di conseguenza, la capacità di potersi procurare gli ingredienti adatti ai propri scopi è uno dei fattori che contraddistingue un birraio capace. Grazie alla crescita di siti di e-commerce, è diventato accessibile a tutti un portafoglio molto ampio di malti, di numerosi produttori. Tuttavia, una scelta così ampia può inizialmente creare anche un po’ di disorientamento. Tra quelli disponibili, qual è il malto più adatto alle proprie esigenze? Il prezzo è spesso una delle prime discriminanti applicate, tuttavia sarebbe utile poter fare questa scelta avendo qualche informazione in più riguardo al malto per il quale si sta optando. In questo post proveremo quindi a dare una quanto più esaustiva descrizione dei parametri analitici che si possono ritrovare sui documenti tecnici dei malti (reperibili o tramite la malteria, o dai rivenditori). È bene sottolineare fin da subito che oltre ai parametri prettamente analitici, i malti si distinguono e caratterizzano anche ovviamente per le loro proprietà aromatiche, le quali sono difficilmente descrivibili in modo esaustivo da singole analisi chimico-fisiche. Per l’aspetto aromatico quindi dovrete affidarvi comunque alla vostra esperienza, o a test di tipo sensoriale (di seguito il link per la metodica ASBC che descrive il metodo della degustazione dell’infusione https://beersmith.com/blog/2017/06/23/sensory-evaluation-of-grains-for-brewing-the-new-asbc-method/). Tuttavia, poter fare una scrematura in base alle specifiche tecniche è comunque un buon inizio.
Prove di laboratorio (EBC)
Iniziamo visionando questa scheda tecnica di un malto Pils tedesco, un classico malto base per molte birre, soprattutto continentali. Vediamo quali parametri analitici del malto sono riportati.
Moisture content (%) – Inizialmente è indicato il contenuto di umidità. Questo valore è importante perché un malto correttamente essiccato è meno suscettibile all’attacco di muffe, batteri, etc., e si conserva quindi meglio e più a lungo. Inoltre chiaramente, a parità di peso, un malto con una quantità di umidità inferiore presenta un maggior contenuto di amido. Generalmente per i malti Pale inglesi, che subiscono essiccazioni a temperature leggermente più elevate, questo valore si aggira intorno al 4%. Esso aumenta tra il 4-5% per malti tedeschi e americani, fino ad arrivare al 6% per i malti caramello, che in virtù del particolare processo di ammostamento che subiscono, possiedono percentuali di umidità più elevate. Valori oltre il 6% possono essere indice di un essiccamento non adeguato.
Extract (Fine Grind) dry basis – Il valore successivo è molto importante per calcolare la resa dei malti e quindi l’efficienza del proprio processo di ammostamento (approfondiremo questo argomento in un articolo a parte), ossia l’Estratto sul secco (macinato fine). Questa valore indica la percentuale in peso di sostanze estratte, sul peso totale del malto utilizzato, ottenuta in condizioni di ammostamento standard (Congress mash1), macinando finemente il malto (circa 0,2 mm) e tenendo conto solamente della sostanza secca. Per essere più chiari, facciamo un esempio. Nel caso del malto descritto da questa scheda, se ne prelevassimo 100 g, togliendo il 4,2% di umidità, avremmo 95,8 g di sostanza secca. Facendo un ammostamento in determinate condizioni di laboratorio, macinando finemente il malto, otterremmo la solubilizzazione nel nostro “mini-mash” dell’80,90% (77,50 g) della nostra sostanza secca (i composti solubilizzati saranno zuccheri, sostanze azotate solubili, destrine, sali minerali, etc.). I rimanenti 18,3 g della sostanza secca iniziale consisteranno in materiale insolubile (trebbie, ossia per la maggior parte fibre insolubili), che potremmo quindi facilmente separare con una filtrazione grossolana. Questo parametro esprime in pratica l’efficienza del malto, ossia la sua capacità, dato un certo peso, di darmi una certa resa in estratto. Ad esempio, volendo produrre 23 L di mosto a 12°P (o OG 1,048), e avendo a disposizione due malti Pils (uno con estratto sul secco 80%, e uno con l’83%), optando per il secondo ne basterà una quantità inferiore. Generalmente quindi più è alto questo dato, più il malto è “performante”. Chiaramente è un dato importante soprattutto per malti base, malti che vengono utilizzati in grandi quantità nelle ricette. I malti speciali generalmente tendono a presentare valori sempre più bassi di efficienza, man mano che aumenta il loro grado di tostatura (arrivando a valori anche intorno al 70% per malti molto scuri). Il dato viene espresso sulla sostanza secca in quanto rende più immediato il confronto tra malti con umidità diverse. Alle volte questo dato viene espresso come Coarse grind, ossia macinato grossolano (0,7 mm), che rappresenta più verosimilmente il grado di macinatura in birrificio, e quindi la resa percentuale reale che potrebbe dare in sala cotta (che però è influenzata anche dall’efficienza dell’ammostamento del nostro impianto).
Fine-Coarse Difference – Legato al Extract (Fine grind) dry basis è il parametro Fine/Coarse Difference. Questo numero indica la differenze di efficienza del malto nel caso in cui questo venga macinato fine (0,2 mm) o più grossolano (0,7 mm). In birrificio come ben sappiamo il grado di macinatura del malto è un compromesso. Una macinazione fine permetterebbe virtualmente efficienze estrattive maggiori, ma anche un probabile impaccamento della filtrazione, con tutte le problematiche derivanti.
Per un malto che abbia raggiunto il giusto grado di maturazione in campo e di modificazione in malteria, questa differenza F/C non è molto elevata, e generalmente si assesta al di sotto dell’1,5%. Essa è legata in primis alla struttura della materia amidacea all’interno del chicco, e nello specifico al reticolo proteico che la avvolge. Se questo è stato sufficientemente disgregato dagli enzimi durante la maltazione, i granuli di amido sono più facilmente “attaccabili” dagli enzimi amilolitici durante l’ammostamento. Altrimenti, la macinatura più fine contribuisce a rompere meccanicamente questa “gabbia” e a renderli sensibilmente più accessibili. Se questo valore si trova al di sopra del 1,5%, si è in presenza di un malto leggermente sottomodificato, e a meno che ciò non sia voluto (ad esempio nel caso di malti come Cara Pils®, o malti Chit) e se si tratta di un malto base, una sosta proteolitica potrebbe essere necessaria.
Total Protein – Il contenuto di proteine del malto è un altro parametro importante, in quanto queste sono responsabili sia del corpo e della tenuta della schiuma, che di possibili problematiche di torbidità. Valori ottimali si attestano intorno al 10%.
Soluble Nitrogen (mg/100g) / Kolbach-Index (%) – Parametri correlati direttamente al contenuto di proteine totali, sono i due parametri successivi: azoto solubile ed indice di Kolbach. L’azoto solubile indica la frazione di proteine in grado di solubilizzarsi nel mosto. Il rapporto tra le proteine solubili (che si possono ottenere (in % peso su peso) moltiplicando la quantità di azoto solubile (in mg/100 g) per 6,25 e dividendo per 1000) e le proteine totali è quindi l’indice di Kolbach, un altro parametro indicativo del grado di modificazione del malto. I valori desiderati per malti base si aggirano intorno al 35-40% per malti Pils, e al 40-45% per malti Pale. Valori più alti indicano che vi è stata un’azione troppo spinta degli enzimi proteolitici, che quindi hanno degradato eccessivamente il contenuto proteico. Ciò potrebbe comportare mancanza di corpo e soprattutto compromettere la tenuta della schiuma. Valori più bassi caratterizzano invece un malto sottomodificato, che potrebbe quindi presentare una eccessiva quantità di proteine responsabili di formazione di torbidità, ed una minore resa in estratto (a causa del reticolo proteico che avvolge i granuli di amido).
Hartong 45° (%) – Il parametro Hartong viene espresso a varie temperature (in questo caso 45°C) e viene utilizzato perlopiù dai maltatori europei. Esso indica la percentuale in peso di estratto ottenuto con un mini ammostamento in laboratorio alla temperatura indicata. Esso è un indice di diverse caratteristiche del malto come varietà, maturazione in campo, modificazione durante la maltazione. Alla temperatura di 45°C esprime principalmente la condizione amilolitica del malto, ossia la quantità di malto modificabile a quella temperatura (al di sotto della normale temperatura di gelatinizzazione, e quindi in parte correlabile al grado di modificazione). Un valore di Hartong 45°C maggiore del 36% è auspicabile, meglio se maggiore del 40%. Differisce dal Extract (fine grind) dry basis per le condizioni di laboratorio al quale è condotto il mini ammostamento (rapporto malto/acqua, grado di macinatura, temperatura e tempi di ammostamento). Non è comunque considerato uno dei migliori indici di qualità del malto.
Wort Color (EBC) – Nella scheda riportata, il successivo dato è il Wort Color, espresso in EBC (European Brewery Convention). Questo parametro è di facile comprensione, infatti indica il colore del mosto ottenuto da questo malto (eseguendo sempre un Congress Mash1). Il colore viene determinato o confrontandolo con degli appositi standard tramite specifici apparecchi dotati di lenti colorate (Hellige Neo-comparator), oppure eseguendo una misurazione spettrofotometrica a 430 nm e moltiplicando il risultato per uno specifico fattore. Esso non è perfettamente rappresentativo del colore finale della birra in quanto i numerosi processi fisico-chimici e biochimici che intercorrono tra l’ammostamento e il confezionamento porteranno a sensibili variazioni. Rimane comunque un utile indice dell’apporto di colore del malto.
Viscosity 8,6% – La viscosità è indice della quantità di beta-glucani presenti nel malto, e quindi nel mosto da esso prodotto. Questi carboidrati possiedono un effetto “gelificante” che aumenta significativamente la viscosità del mosto, e quindi se presenti in concentrazioni eccessive sono una delle principali cause di una filtrazione bloccata. Durante la maltazione vengono generalmente ridotti a livelli accettabili. Valori di viscosità accettabili (per il mosto ottenuto dal Congress Mash1, e spesso indicato come mosto “8,6%”) sono tra 1,5 e 1,6 cP (centipoise, o mPa*s).
pH-Value – Il valore di pH indicato si riferisce al pH del Congress Mash1 (eseguito in acqua deionizzata), e differisce quindi dal pH registrato durante un ammostamento con acqua non deionizzata. È utile per prevedere (tramite calcoli che tengono conto dei malti presenti in ricetta, del profilo salino dell’acqua utilizzata, di eventuali aggiunte di sali e acidi) il pH di mash. Se si utilizzano software per prevedere il pH di mash, questo è uno dei valori che può venire richiesto per una stima più accurata. Si può notare come generalmente malti base possiedano valori intorno a 5,9, ben al di sopra del valore di pH normalmente desiderato (5,3-5,6), mentre via via che aumenta il grado di tostatura ed il colore EBC, il valore di pH dei malti scende.
Friability (%) – La friabilità indica la facilità con la quale il chicco di malto viene frantumato (a seguito dei processi biochimici avvenuti durante la maltazione esso risulta assai più friabile dell’orzo tal quale). Anch’esso è un indice della modificazione del malto. I chicchi di malto possono essere classificati come farinosi, semi-vitrei e vitrei (in ordine di modificazione decrescente). Come abbiamo descritto precedentemente, chicchi sotto-modificati presenteranno rese di saccarificazione inferiori (oltre che maggiore difficoltà nella macinazione) a causa della minore accessibilità al loro contenuto di amido da parte degli enzimi. Si ritengono accettabili malti con valori di friabilità maggiori del 80-84%.
Unmodified Kernels (%) – Il parametro successivo indica la percentuale di chicchi non modificati (vitrei), ed è quindi legato al parametro friabilità. Generalmente la frazione di chicchi vitrei deve essere inferiore al 2% (meglio se <1%).
Grading >2,5 mm; Grading <2,2 mm – I successivi due parametri indicano la quantità di grani con un diametro maggiore di 2,5 mm (malto grado I) e inferiore a 2,2 mm. Più i chicchi sono grossi ed omogenei più il malto ha una maggiore resa a parità di peso (oltre a facilitare un’omogenea germinazione e modificazione durante la maltazione). Generalmente è auspicabile che un malto possieda una percentuale di chicchi di grado I >85%, e soprattutto una quantità di chicchi con diametro minore di 2,2 inferiore al 1%.
Crop – Il parametro finale in questione indica l’anno del raccolto.
Molto spesso i differenti produttori di malto riportano diversi parametri per i propri malti, o meglio, spesso i parametri sono gli stessi ma cambiano le unità di misura. Proviamo quindi a visionare un certificato di analisi di un produttore inglese.
In questo caso il maltatore riporta Extract Fine dry basis, Extract Coarse dry basis (cosa che il precedente non aveva riportato, anche se si poteva facilmente ottenere dall’Extract Fine e dalla Fine Coarse Difference) e anche la Fine Coarse Difference. Anche Color (EBC), Moisture, Soluble Protein, Total Protein, Kolbach Index, Friability sono parametri qui riportati e che abbiamo già incontrato.
Seguono 3 parametri apparentemente nuovi:
Whole corns – indica in realtà nuovamente la percentuale di chicchi non modificati (vitrei), quindi è comparabile al parametro Unmodified kernels, già visto precedentemente.
Homogeneity – è un ulteriore parametro che descrive la percentuale di grani modificati di un malto. Differisce dai parametri precedentemente visti (Whole corns e Unmodified Kernels) in quanto fa riferimento ad un metodo analitico differente (Calcofluor-Carlsberg method – metodo che si basa sulla colorazione dei beta-glucani residui dei chicchi). Generalmente per un malto ben modificato ci si aspetta valori >75%.
Crystallisation (%) – l’ultimo parametro di questa scheda viene utilizzato unicamente per descrivere i malti caramello (Cara- e Crystal). Dato il processo di produzione particolare di questi malti, che porta alla produzione di zuccheri e quindi alla loro caramellizzazione, essi possiedono una consistenza più vitrea, in base a quanto spinta è la caramellizzazione (che dipende dall’intensità del colpo di fuoco a fine maltazione). Generalmente per malti Cara- si parte da valori del 75%, mentre per i malti Crystal da circa 80-85% (percentuali che aumentano in base alla colorazione (EBC) del malto Cara-/Crystal in questione).
Passiamo ora ad un’altra scheda, sempre di un produttore inglese.
Il primo valore Moisture Content lo conosciamo già, descrive la percentuale di acqua del malto. I successivi quattro valori suonano familiari, ma sono preceduti da un inconsueto IoB. IoB è l’acronimo dell’Institute of Brewing (& Distilling), ossia l’associazione di categoria dei birrai inglesi. Essa sviluppò dei propri metodi di valutazione del malto, che vengono utilizzati tutt’ora da alcuni produttori che (per nostra sfortuna) non utilizzano gli standard dei metodi EBC (European Brewery Convention). Vediamoli uno ad uno e cerchiamo di trovare una formula per ottenere valori a noi più consoni.
IoB Visual Wort Colour 515ml (EBC) – questo parametro descrive il colore del mosto, conducendo un mini-ammostamento su 515 ml di volume totale. Anche se espresso in EBC esso differisce quindi dal valore EBC che verrebbe rilevato effettuando un mini ammostamento con il Congress Mash1 (e che abbiamo visto riportato sui certificati precedenti). Per passare al valore EBC consono esso va diviso circa per 0,83.
IoB Visual Wort Colour 450g (EBC) – questo parametro descrive nuovamente il colore del mosto, ma questa volta convertito come se fosse espresso per un Congress Mash1, quindi coincide con il valore Wort Color che avevamo già visto.
IoB Coarse Extract 0.7mm, dry (L°/kg) – questo valore indica sempre la resa in estratto di un malto, ma rispetto agli indicatori visti in precedenza (Extract fine/Extract Coarse), cambia l’unità di misura. Il dato è infatti espresso in gradi litro per kilogrammo (L°/kg). Questa unità esprime la densità di 1 litro di mosto prodotto ammostando 1 kg del malto in questione. Quindi, nel caso del malto in analisi (308 L°/kg), ammostando 1 kg di questo malto otterremmo 1 L di mosto a densità 1,308 kg/L. Oppure, sapendo che il prodotto volume x punti SG è costante, 10 L a densità 1,030 o 100 L a densità 1,003 e così via. Per convertire questo dato nella misura di efficienza vista precedentemente (Extract Coarse, dry basis), basta dividerlo per i punti di quella che sarebbe la densità ottenuta sciogliendo 1 kg di saccarosio in 1 L di acqua, ossia 1,384 kg/L. Quindi, 308/384 (x 100 per esprimere il valore in %) = 80,21%. (Il saccarosio ha efficienza 100%, in quanto utilizzandolo per un Congress Mash1 otterremmo la sua totale solubilizzazione, con una resa in estratto del 100%.)
I valori successivi si riferiscono al contenuto di azoto solubile, azoto totale e il loro rapporto SNR (parametro simile all’indice di Kolbach, il quale però rapporta proteine solubili a proteine totali. Trattandosi di rapporti tra grandezze tra loro proporzionali, i due parametri Kolbach e SNR sono quindi comparabili). Sono parametri che abbiamo già visto, anche se in questo caso sono espressi in percentuale (g per 100 g), invece che mg/100 g come li avevamo trovati nella prima scheda.
IoB Wort Beta Glucan 450g (mg/l) – come possiamo intuire dal nome è un indice del contenuto di beta-glucani del malto. Esso esprime la quantità di beta-glucani in un mosto prodotto secondo la procedura IoB, ma in una quantità di mosto pari a 450 g (quindi comparabile al Congress Mash1). Sono auspicabili valori inferiori a 120-150 mg/L per malti inglesi, mentre si accettano valori fino a 250 mg/L per malti continentali, meno modificati.
IoB FAN @ 1040 SG (mg/l) – indica la quantità di azoto amminoacidico libero presente producendo con il malto in questione un mosto con densità 1,040. Sono auspicabili valori maggiori di 150 mg/L, per un corretto metabolismo del lievito. Mosti prodotti da 100% malto d’orzo molto difficilmente presentano carenze di FAN. Nel caso in cui vengano utilizzate grandi quantità di succedanei (mais, riso), si può incorrere in carenze nutrizionali del mosto.
DP °IoB, asis (°IoB) – Diastatic Power, è un parametro che non abbiamo finora incontrato. Esso indica la “potenza enzimatica” del malto, ossia la sua capacità di convertire durante l’ammostamento le macromolecole presenti nel seme in molecole più semplici. Questo dato dipende sia dalla cultivar di orzo, sia dal suo grado di modificazione/essiccazione (questi due parametri infatti influenzano la quantità di enzimi presenti al termine del processo di maltazione). Per malti inglesi sono considerati accettabili valori fino a 40 °L (gradi Lintner, o °IoB), mentre per malti continentali sono auspicabili valori intorno a 100 °L. Malti polistici americani, con elevato contenuto proteico ed enzimatico, possono arrivare fino a 160 °L. Spesso questo dato si trova espresso in °WK (gradi Windisch-Kolbach). La conversione tra le due unità di misura è la seguente: °L = (°W + 16) / 3,85.
Cold Water Extract – questo indice viene spesso utilizzato dai maltatori inglesi. Indica la resa del malto conducendo un mini ammostamento a bassa temperatura (20 °C). Non vi è una formula matematica per convertirlo in parametri come Coarse Extract, etc. Generalmente comunque è auspicabile un valore tra 19-23%. Per valori inferiori si consiglia ammostamento multi-step per migliorare la resa.
Nella successiva scheda di analisi troviamo per la maggior parte parametri già incontrati. Vi sono solamente due parametri nuovi.
Viscosity calc. 12°P – in questo caso la viscosità è calcolata su un mosto di 12°P, invece che sul classico Congress Mash1 (che presenta un °P intorno a 8,6). Non vi è una conversione diretta tra i due valori. Generalmente comunque per questo parametro si ritengono accettabili valori tra 1,8 e 2,0.
Saccharification – questo indice esprime la velocità di saccarificazione del malto in un Congress Mash1, e quindi è correlato al Diastatic Power. Malti base dovrebbero possedere valori di Saccharification intorno ai 10 min. Viene indicato anche come Conversion Time.
Anche di questa scheda conosciamo ormai la gran parte dei termini. Alcune piccole novità:
Clarity of wort – questo indice dà una descrizione qualitativa della torbidità del mosto prodotto. In questo caso helder (“brillante” in olandese). Altri descrittori possono essere: “normale”, “leggermente torbido” etc.
Postcoloration EBC – indica il colore del mosto a seguito della bollitura (che comunque ricordiamo non sarà uguale alla tonalità finale della birra, in quanto con la fermentazione si avrà un ulteriore modificazione del colore (che diminuirà leggermente). A volte si trova anche come Boiled wort colour.
Speed of filtration (min) – questo parametro è uno dei vari possibili indicatori del contenuto di beta-glucani del malto, il cui principale effetto è proprio quello di influenzare la viscosità e quindi la velocità di filtrazione. La misura in questione si riferisce sempre alla filtrazione di un Congress Mash1.
Gushing Potential g/33cl bottle – indica il potenziale intrinseco del malto di causare il fenomeno di gushing (fontana di schiuma all’apertura di una bottiglia), il quale deriva da una contaminazione da parte di funghi del genere Fusarium. L’orzo contaminato da tale fungo deve essere eliminato, sicché questo valore è generalmente zero.
Per completezza riportiamo ancora alcuni parametri che si possono ritrovare in altri certificati di analisi dei malti:
NDMA – (contenuto di nitrosammine) le nitrosammine sono sostanze potenzialmente cancerogene che si formano nel malto durante l’essiccatura (in particolare a fuoco diretto). Con le moderne tecniche di produzione il problema è stato praticamente eliminato, tuttavia è un parametro che è rimasto in uso per alcuni maltatori, data la sua importanza di carattere igienico-sanitario. Sono auspicabili valori inferiori ai 2,5 ppb (parti per miliardo).
DMS-P (o SMM) – questo indice quantifica la concentrazione del precursore del dimetilsolfuro (o DMS, o meglio conosciuto come il responsabile del difetto da “vegetale cotto/mais bollito”), la S-metilmetionina. Questa molecola viene trasformata in DMS tramite l’azione del calore. Ne deriva che malti base inglesi, essiccati a temperature leggermente maggiori, generalmente ne possiedono basse concentrazioni, in quanto la SMM viene convertita in DMS durante la maltazione, ed evapora facilmente durante l’essiccamento. Malti continentali invece presentano concentrazioni maggiori, che quindi vengono trasformate in DMS durante la bollitura del mosto, e se questa non è abbastanza vigorosa, o se il DMS è presente in eccessiva quantità, permane nel mosto, e quindi nella birra. Tendenzialmente, soprattutto nella produzione delle lager industriali, si preferisce utilizzare malti che presentano valori al di sotto di 5-6 mg/kg.
Siamo giunti al termine di questa presentazione generale sui certificati di analisi del malto. Probabilmente vi sono ancora alcuni parametri utilizzati che non sono stati riportati, ma speriamo di aver fornito una descrizione esaustiva per poter riconoscere e capire i principali.
Alcuni esempi pratici:
Possedendo un malto Pils con valori di viscosità elevati, contenuto di proteine/azoto solubile più basso del range consigliato, e magari anche una F/C Difference intorno al 2%, valuterò un ammostamento multi-step, con una sosta proteolitica per sopperire alla sottomodificazione (o magari un ammostamento per decozione multi step). Potrei valutare anche una sosta per le beta-glucanasi, o l’utilizzo di beta-glucanasi esogene per evitare rallentamenti in filtrazione.
Volendo fare un ammostamento con 60% malto Brown, 20% fiocchi d’orzo, 15% Crystal, 5% Roasted Barley, mi potrei accorgere che il malto Brown in questione possiede un basso valore di Diastatic Power (o elevato Saccharification Time). In questo caso potrei valutare l’utilizzo di amilasi esogene per sopperire alla carenza del malto base, e avere una conversione del grist in tempi ragionevoli.
Speriamo che queste informazioni possano tornare utili a chiunque abbia avuto la forza di arrivare fino in fondo a questo articolo! Cheers!
Bibliografia:
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